Alberto Maieli/ Marzo 13, 2015/ Comunicazione/ 0 comments

“Compra pagina del Corriere per denunciare i tradimenti della moglie”: sembrava il titolo di un post satirico di Lercio, eppure per un’intera mattinata molti di noi hanno creduto fosse accaduto sul serio. Una storia incredibile: un marito scopre i tradimenti della propria consorte dopo 7 anni di matrimonio e si vendica “denunciando” l’ormai prossima ex-moglie comprando una pagina sul Corriere della Sera dove pubblica una lettera aperta.

L’uomo, che si firma “Enzo”, vi racconta con dovizia di particolari le tresche extraconiugali della moglie. Già, perché – a quanto scrive – i tradimenti della consorte (che lui chiama “Lucia”) si sarebbero ripetuti più volte con persone diverse. Non pago di ciò, il marito ha persino aperto una pagina Facebook per divulgare la sua storia anche sui social.

Marito tradito denuncia moglie sul Corriere della SeraPeccato (o per fortuna) che si tratta di una trovata del canale tv Real Time che, per lanciare il nuovo programma dal titolo “Alta Infedeltà” – in onda a partire dal 16 Marzo – ha ben pensato di puntare ad una strategia di comunicazione “combinata”: comprando la pagina di uno dei quotidiani nazionali più letti e incrementando il sentiment del pubblico con una campagna di advertising che creasse engagement sui social. Hanno vinto loro: volenti o nolenti pubblico e media sono rimasti mezza giornata a parlarne.

Lancio di #AltaInfedeltà: vince #RealTime, perde l'etica della #comunicazione Condividi il Tweet

Ma la riflessione è d’obbligo: se accadesse davvero una cosa simile, sia che fosse vendetta pianificata, sia che si trattasse di una reazione “di pancia”? Trovo doveroso interrogarsi sulla questione morale. Se di storia vera si fosse trattato, infatti, voi con chi sareste stati? Dalla parte del marito “cornuto” (ma non “mazziato”, almeno in quel momento… anche se la lettera terminava con un perentorio “Ci vedremo in tribunale” che non lasciava presagire nulla di amichevole…) oppure della moglie fedifraga cui – per correttezza – si sarebbe almeno dovuto concedere il diritto di replica?

Il mio punto di vista è che si stia ormai perdendo irrimediabilmente il senso del pudore, della privacy e dell’etica morale che situazioni come questa impongono. I fari dei social media illuminano a volte di una pessima luce e, come nella vita, non sempre è bene essere al centro dell’attenzione. E non è strettamente necessario informare dettagliatamente con un comunicato stampa il mondo intero delle disavventure proprie o altrui.

Per evitare così di finire tutti dalla D’Urso.

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