Alberto Maieli/ Gennaio 16, 2017/ Opinioni/ 0 comments

Se Pizzarotti si volesse basare su una statistica di Reuters potrebbe appurare che il candidato in carica che si ripresenta con un indice di gradimento del 60% vanta il 98% di probabilità di vittoria nella corsa finale

Premetto: io l’ho votato. Non l’ho mai nascosto. Così come l’ho criticato, aspramente – ma sempre nei limiti della civiltà – per molte delle sue scelte e poi rinnegato per il suo atteggiamento spesso difensivista e sordo nei confronti dei cittadini che, come me, lo avevano appoggiato sperando nel vero cambiamento.

#Pizzarotti, perché vincerà lui le prossime elezioni (al 98%): Condividi il Tweet

Ma la politica – come dice qualcuno – è un gioco. E allora, proviamo a giocare. La notizia la conosciamo già: il Sole 24Ore ha pubblicato la Governance Poll 2016 Ipr Marketing – Sole 24 Ore, cioé la classifica di gradimento dei sindaci città per città. E il primo cittadino di Parma si è guadagnato un ragguardevole terzo posto. Il gioco è presto fatto: l’ex-grillino è probabilmente il più forte nella corsa alle elezioni amministrative della primavera 2017.

Federico Pizzarotti guadagna consenso (foto: biografieonline.it)

Perché mi sbilancio in una simile previsione? Perché oggi mi è balzato all’occhio un articolo di Reuters nel quale, per capire di che partito sarebbe stato il candidato vincitore alle elezioni presidenziali del 2016 negli Stati Uniti, alcuni dei suoi giornalisti decidevano di elaborare dei dati basati su passate consultazioni di oltre 450 elezioni in 35 diversi Paesi. Piccolo particolare: l’articolo è datato 16 Ottobre 2015, ben 13 mesi prima della vittoria di Donald Trump.

L’analisi su più di 450 consultazioni elettorali dal 1938 al 2015 (fonte: Ipsos)

E ci azzeccavano in pieno: secondo il calcolo, infatti, il presidente uscente aveva tendenzialmente più probabilità di vittoria rispetto a un nuovo candidato del suo stesso partito. Le possibilità che quest’ultimo venisse eletto erano, a loro volta, proporzionali al tasso di approvazione del leader uscente. Secondo i sondaggi, in quel momento il presidente degli Stati Uniti Barack Obama aveva un tasso d’approvazione pari al 45%: se avesse potuto correre per un ulteriore mandato, le sue possibilità di rielezione sarebbero state del 78%. Ma dal momento che il limite di mandati è fissato a due, il successivo candidato democratico per la Casa Bianca avrebbe avuto solamente il 14% di possibilità di farcela: sappiamo tutti come è finita e a quale débâcle è andata incontro Hillary Clinton.

L’analisi di 300 sondaggi su 40 mercati dal 1980 al 2015 (fonte: Ipsos)

C’è di più. Se il tasso d’approvazione del candidato in carica uscente fosse del 60%, le sue possibilità di rielezione sarebbero al 98%, mentre quelle di un eventuale altro candidato dello stesso schieramento si attesterebbero al 71%: numeri che, a tre mesi dalle consultazioni, avrebbero un margine d’errore bassissimo (appena il 4,8%).

Pizzarotti il suo sessanta per cento pare averlo messo già in cassaforte – 60.5%, per la precisione, secondo il Sole 24 Ore – e se tanto mi da tanto, sarà dura per gli altri candidati scalzarlo dalla poltrona di sindaco. Anche se Parma è una città strana e ci ha abituato a molte sorprese…

 

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